
Per comprendere l’America Latina contemporanea e le sue dinamiche spesso contraddittorie, è necessario liberarsi dei luoghi comuni con cui si è soliti osservare quel continente che, negli ultimi decenni, ha subito talmente tante trasformazioni che ne hanno modificato l’identità stessa.
La maggior parte dei governi dell’America Latina oggi ha scelto la via delle riforme sociali, con leader che stanno provando a rinnovare i sistemi economici, politici e sociali attraverso riforme graduali e legali, svincolate da dinamiche legate a rivoluzioni radicali.
La prima ondata progressista in America Latina ha radici che risalgono al primo decennio degli anni 2000, quando nelle popolazioni che avevano vissuto l’oppressione di spietati regimi militari e subito il crollo economico provocato da sciagurate politiche neoliberiste, è maturato il desiderio di imboccare la via riformista.
Leader come Hugo Chávez in Venezuela, Evo Morales in Bolivia, Rafael Correa in Ecuador, Lula e Dilma Rousseff in Brasile, Michelle Bachelet in Cile, i peronisti di sinistra Nestor e Cristina Kirchner in Argentina, Pepe Mujica e Tabaré Vázquez in Uruguay, hanno promosso politiche riformiste sotto il segno del cosiddetto Socialismo del XXI secolo, termine ideato dal politologo tedesco Dieterich nel 1996 e reso celebre da Chávez al World Social Forum del 2005, che definisce un modello politico centrato su riforme sociali ed economiche, tese a ridurre le disuguaglianze e a migliorare le condizioni di vita della popolazione.
Dopo una parentesi, durante la quale vi è stata un’inversione di tendenza, con le forze conservatrici al potere, oggi, come nei primi anni 2000, uno dopo l’altro, diversi Paesi dell’America Latina hanno scelto governi di sinistra, nel tentativo di fermare l’offensiva delle destre.
Offensiva che, in Brasile, con l’elezione di Bolsonaro nel 2018, ha dato vita ad un vero e proprio golpe bianco, messo in piedi grazie all’aiuto di una parte della magistratura, che ha portato alla deposizione di Dilma Roussef e ad un processo farsa contro Lula, impedendogli di presentarsi alle elezioni e di vincere.
La nuova ondata è iniziata già nel 2018 con la vittoria di Obrador in Messico. A lui si sono aggiunti, tra gli altri, Alberto Fernández in Argentina nel 2019, Gabriel Boric in Cile e nuovamente Lula in Brasile nel 2022.
Con la vittoria di Gustavo Petro in Colombia nel 2022, si è avuto un ulteriore motivo di esultanza per la sinistra latinoamericana, considerato che un candidato presidente di sinistra non aveva mai vinto un’elezione in precedenza nel Paese. Si è, così, formato un nuovo asse progressista con il Messico di Obrador, il Cile di Boric e l’Argentina di Fernández, che sono stati tra i primi a salutare la vittoria di Petro.
Rispetto ai governi latinoamericani di sinistra degli anni 2000, che hanno introdotto l’idea di una possibile cooperazione sotto il concetto di patria grande, questo nuovo modello di sinistra si è imposto come risposta a problemi strutturali come la corruzione, la povertà e la disuguaglianza.
I presidenti di Colombia e Cile, Petro e Boric, si sono fatti strada, infatti, con la protesta sociale e, nonostante oggi la sinistra in America Latina sia una realtà eterogenea, sia per natura che per obiettivi, rappresentano entrambi una sinistra con tendenze socialdemocratiche e progressiste che non promuove discorsi anticapitalisti, essendo nati come leader in risposta alle richieste sociali che le ondate di proteste in Cile e Colombia tra il 2019 e il 2020 hanno portato con sè. Questi due Paesi, pur essendo molto simili, con livelli di povertà e disuguaglianza importanti ed il denominatore comune dei movimenti sociali, hanno poi adattato e adattano, ciascuno alla propria realtà, rivendicazioni generali e di giustizia sociale.
Un aspetto importante da tenere in considerazione quando si parla dell’ascesa di una nuova sinistra latinoamericana, è la crisi dei partiti tradizionali, immersi nel circuito di un sistema corrotto e fallimentare che ha imperversato nel continente latinoamericano negli ultimi decenni.
I movimenti sociali, viceversa, portando con sé una buona dose di innovazione, dinamismo e flessibilità, hanno saputo intercettare in maniera efficace le esigenze dell’elettorato e oggi hanno assunto un ruolo importantissimo nella ricomposizione dello scenario politico dell’America Latina.
La Colombia e il Cile ne sono gli esempi più evidenti, tenuto conto che i vecchi partiti, alle elezioni che hanno visto la vittoria di Boric e Petro, non sono riusciti nemmeno ad accedere al secondo turno elettorale.
Anche il Messico, con Claudia Sheinbaum, stretta alleata del presidente uscente Obrador e prima donna eletta Presidente nella storia del Paese, ha dimostrato di essere capace di superare il cosiddetto modello culturale machista profondamente radicato. Nonostante la violenza nelle aree dominate dai cartelli della droga e un processo elettorale particolarmente sanguinoso, Sheinbaum è entrata in carica il 1 ottobre 2024.
Il trionfo di Lula in Brasile, in carica dal 1 gennaio 2023, al suo terzo mandato presidenziale, è stata una vera vittoria della democrazia, nonostante le minacce dell’estrema destra e grazie, soprattutto, alla coscienza politica della società brasiliana.
Al di là del cambiamento politico, i governi latinoamericani devono affrontare una situazione economica fortemente indebolita dopo il periodo pandemico, opposizioni parlamentari con sufficiente potere per frenare le loro agende e cittadini che chiedono risposte e non esiterebbero a punire elettoralmente chi si rendesse responsabile di mancati adempimenti. Un mix che, sommato ai problemi strutturali di povertà, disuguaglianza e carenze in settori chiave, quali istruzione e salute, riduce il margine di manovra dei governanti.
Il futuro del socialismo riformista in America Latina non è, dunque, privo di ostacoli. Tuttavia, nonostante le sfide complesse, questo approccio pragmatico e graduale alla trasformazione sociale, cercando di bilanciare le esigenze della popolazione con le varie realtà economiche e politiche, continua a rappresentare una soluzione forte e una speranza per un futuro più giusto e sostenibile.