Il 6 febbraio 2025 si è aperto un capitolo senza precedenti nella storia della Colombia. Per la prima volta, un ex presidente della Repubblica siede sul banco degli imputati per rispondere di corruzione di testimoni e frode processuale. Álvaro Uribe Vélez, leader della destra colombiana e figura centrale della politica nazionale negli ultimi vent’anni, è accusato di aver corrotto testimoni per difendersi da indagini sui suoi presunti legami con gruppi paramilitari. L’inizio del processo segna un punto di svolta nella lotta alla corruzione e nella tenuta democratica del Paese.
Le radici di questo processo affondano nel 2012, quando il senatore di sinistra Iván Cepeda, noto per le sue battaglie sui diritti umani, ha iniziato a raccogliere testimonianze su presunti legami tra Uribe e gruppi paramilitari. Secondo l’accusa, durante la sua presidenza (2002-2010), Uribe avrebbe avuto rapporti con gruppi armati illegali che seminavano il terrore nel paese con metodi brutali, sostenendo la guerra contro la guerriglia.
Uribe ha reagito con forza e ha denunciato Cepeda per manipolazione di testimoni, accusandolo di aver offerto vantaggi e denaro ai carcerati in cambio di dichiarazioni contro di lui. Ma nel 2018, la Corte Suprema ha ribaltato la situazione. Invece di avviare un’indagine contro Cepeda, ha messo sotto inchiesta Uribe stesso, sospettando che sia stato lui a corrompere i testimoni per ottenere dichiarazioni a suo favore. Da quel momento, il caso è diventato uno dei più controversi della politica colombiana.
Dopo anni di battaglie legali, il 6 febbraio il processo è finalmente iniziato. Uribe ha dichiarato in udienza di essere vittima di una persecuzione politica e di non aver mai corrotto nessun testimone. A suo carico, ci sono prove e intercettazioni telefoniche che, secondo l’accusa, dimostrerebbero il suo tentativo di alterare la verità giudiziaria.
Un elemento chiave è stata la recente decisione del Tribunale Superiore di Bogotá, che ha ammesso come prove le intercettazioni telefoniche del 2018 raccolte dalla Corte Suprema. La difesa di Uribe aveva cercato di escluderle, sostenendo che fossero state ottenute in modo irregolare, ma la richiesta è stata respinta. Con queste registrazioni, l’accusa spera di dimostrare il tentativo dell’ex presidente di influenzare testimoni chiave.
Il senatore Iván Cepeda, parte lesa in questo caso, ha commentato l’apertura del processo, sottolineando l’importanza del rispetto per la giustizia e invitando tutte le parti in causa ad accettare il futuro verdetto senza minare l’indipendenza del potere giudiziario.
Anche la deputata colombiana María Fernanda Carrascal Rojas, esponente del partito Colombia Humana, che fa parte della coalizione a sostegno del presidente Gustavo Petro, ha espresso il suo punto di vista attraverso un post sui social. Con parole dure, ha sottolineato come Uribe abbia sempre cercato di intimidire la giustizia, tanto durante la sua presidenza quanto ora, da imputato: “È iniziato, finalmente, il processo contro Álvaro Uribe. La procuratrice ha affermato che esistono molte prove del fatto che l’ex presidente abbia guidato i suoi emissari affinché i testimoni cambiassero la loro versione e ingannassero la giustizia.
L’ex presidente non solo ha goduto di tutte le garanzie processuali, ma per anni ha beneficiato della compiacenza della Procura e della Procura Generale, che sembravano parte della sua difesa legale.
Oggi ha scelto di intimidire la giustizia, inviando una lettera a Elon Musk, Donald Trump e Marco Rubio per calunniare e mettere nel mirino il magistrato César Reyes, che in passato lo ha indagato nella Sala di Istruzione della Corte Suprema di Giustizia.
Un’intera vita a mancare di rispetto alla giustizia! È stato coerente. Ha intimidito la Corte Suprema da presidente, e oggi lo ha fatto di nuovo da imputato. Ora spetta a un giudice stabilire se lo ha fatto anche da criminale.”
Le parole della deputata Carrascal riflettono la profonda polarizzazione che circonda questo processo, con settori della società che vedono in Uribe un simbolo della destra conservatrice e altri che lo considerano il responsabile di gravi violazioni della legge.
Il caso Uribe ha spaccato la Colombia. Da un lato, i suoi sostenitori parlano di un processo motivato politicamente, una vendetta orchestrata dai suoi avversari di sinistra per eliminarlo dalla scena pubblica. Uribe rimane una figura di riferimento per milioni di colombiani, specialmente nelle zone più colpite dalla guerriglia, dove la sua politica di sicurezza è stata vista come un baluardo contro il caos.
Dall’altro, i suoi detrattori ritengono che questo processo sia una prova di maturità democratica. Nessuno, nemmeno un ex presidente, può essere al di sopra della legge. Per anni, i legami tra politica e paramilitarismo sono stati un segreto di Pulcinella in Colombia, ma mai prima d’ora un leader così potente era stato portato a giudizio con prove così dettagliate.
Se giudicato colpevole, Uribe potrebbe essere condannato fino a 12 anni di carcere. Il processo sarà lungo e complesso e, indipendentemente dall’esito, questo processo ha già fatto la storia. Non riguarda solo Uribe, ma l’intero sistema politico e giudiziario della Colombia. Se il procedimento sarà condotto con trasparenza e rigore, potrebbe rafforzare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e segnare un punto di svolta nella lotta alla corruzione.
Ma se il caso sarà percepito come una vendetta politica, rischia di alimentare la polarizzazione e di aggravare ulteriormente il fragile equilibrio del Paese.
Una cosa è certa: la Colombia sta vivendo una delle sue pagine più delicate. E il verdetto su Uribe potrebbe cambiare il corso della politica nazionale.

La presidente
Federica Cannas

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