
Quando molti in Europa credevano che l’austerità fosse l’unica via per la ripresa, António Costa ha ribaltato le regole del gioco, dimostrando che crescita e giustizia sociale non sono nemici, ma alleati indispensabili. Sotto la sua guida, il Portogallo ha offerto una lezione potente ad una sinistra che cerca di ridefinire il proprio ruolo nel XXI secolo.
Nel 2015, Costa ha assunto la carica di Primo Ministro di un Portogallo ancora in preda alla crisi economica. Le politiche di austerità imposte dalla Troika avevano lasciato ferite profonde: la disoccupazione superava il 14%, il debito pubblico era al 130% del PIL, e le famiglie arrancavano sotto il peso delle disuguaglianze crescenti.
Tuttavia, non ha ceduto alla narrativa dominante che vedeva nell’austerità l’unica via. Con un coraggio politico raro, ha costruito una coalizione inaspettata con il Bloco de Esquerda e il Partito Comunista, ribattezzata con il termine ironico “Geringonça” (macchinario traballante). Quel che molti vedevano come una fragile alleanza si è trasformato in un laboratorio politico di successo, basato su un principio semplice: mettere le persone e i loro diritti al centro dell’azione governativa.
I numeri parlano chiaro. In meno di un decennio, il Portogallo ha ridotto il debito pubblico sotto il 100% del PIL e il tasso di disoccupazione è sceso ai minimi storici, attestandosi intorno al 6%. Il salario minimo è stato aumentato fino a 820 euro, migliorando concretamente la qualità della vita di milioni di lavoratori.
Questo “miracolo economico” non è frutto del caso. Costa ha investito nei settori strategici del turismo, dell’innovazione tecnologica e delle energie rinnovabili, trasformando il Portogallo in una destinazione ambita non solo per i turisti, ma anche per gli investitori stranieri. Ma, a differenza dei modelli neoliberisti, questa crescita è stata accompagnata da una forte espansione dello Stato sociale.
Riduzione dell’orario di lavoro a 35 ore settimanali nel settore pubblico, ripristino dei giorni festivi aboliti, aumento delle pensioni minime e accesso universale ai servizi sanitari sono solo alcune delle misure che hanno migliorato il tessuto sociale del Paese. Costa ha dimostrato che il socialismo democratico non è un’utopia, ma una strada concreta per affrontare le sfide del nostro tempo.
Il successo di António Costa non si è fermato ai confini del Portogallo. Nel 2024, la sua elezione a Presidente del Consiglio Europeo è stata un riconoscimento del suo talento politico e della sua capacità di costruire consenso. Con il sostegno di 25 su 27 Stati membri, Costa ha assunto un ruolo centrale nel guidare l’Unione Europea verso un futuro più solidale e inclusivo.
Nel suo nuovo incarico, Costa si è impegnato a rafforzare il Green Deal europeo, puntando su una transizione ecologica che metta al centro le persone e non lasci indietro nessuno. Ha avviato una riforma del sistema di asilo europeo, cercando di bilanciare solidarietà e responsabilità tra gli Stati membri. Inoltre, ha ribadito il ruolo dell’Europa come forza di pace e stabilità, promuovendo il dialogo e la cooperazione a livello globale.
La leadership di António Costa è un esempio luminoso per tutte le forze progressiste. Ha dimostrato che il socialismo democratico non è un’idea del passato, ma una forza politica capace di rispondere ai bisogni reali delle persone, di ridurre le disuguaglianze e di costruire società più giuste.
Il suo modello non è solo un progetto politico per il Portogallo, ma un messaggio per l’Europa e il mondo. In un’epoca di crisi climatiche, migrazioni globali e polarizzazione politica, Costa ha dimostrato che con coraggio, visione e pragmatismo è possibile costruire una politica diversa, capace di ispirare e trasformare.
Il socialismo democratico, con la sua combinazione di equità e progresso, è più che mai necessario. E António Costa, con il suo percorso, ci ricorda che i principi di giustizia e solidarietà possono ancora guidare il cambiamento.