È quasi impossibile raccontare la storia di due protagonisti della storia politica uruguaiana come Lucía Topolansky Saavedra e José “Pepe” Mujica senza descrivere il suo intreccio umano e politico. Compagni di vita e di lotta, hanno attraversato insieme decenni di repressione, speranza, conquiste e coerenza rivoluzionaria.
Né l’uno né l’altra sarebbero stati gli stessi senza quell’incontro che ha dato loro la forza di resistere, di reinventarsi e di trasformare il loro amore in un impegno condiviso per il riscatto degli ultimi.
Lucía Topolansky nasce a Montevideo il 25 settembre 1944, in una famiglia borghese di origini polacche. Cresce in un ambiente agiato, studia in scuole private e ha davanti a sé un futuro già scritto, ma la Storia la chiama in una direzione completamente diversa.
Negli anni ’60, mentre l’America Latina è attraversata da tensioni e ribellioni contro le disuguaglianze economiche e sociali, Lucía si avvicina alla politica attiva. A vent’anni entra a far parte del Movimento di Liberazione Nazionale-Tupamaros, la guerriglia urbana che combatte il sistema oligarchico uruguaiano con azioni di sabotaggio, sequestri e redistribuzione della ricchezza.
È in quegli anni che incontra Pepe Mujica, un giovane militante con cui condivide lo stesso ideale: una società più giusta, libera dalle disuguaglianze e dallo sfruttamento. Non si sono mai promessi una vita facile, ma una vita di lotta comune.
Nel 1972, la repressione della dittatura si abbatte con forza sui Tupamaros. Lucía viene arrestata e trascorre dodici anni in carcere, gran parte dei quali in condizioni durissime. Isolata in celle umide e anguste, sottoposta a torture fisiche e psicologiche, resiste grazie alla sua determinazione e alla certezza che Pepe è lì, da qualche parte, prigioniero come lei, a condividere lo stesso destino.
Mujica è uno dei cosiddetti “ostaggi” della dittatura. Viene spostato continuamente da una prigione all’altra per impedirgli di comunicare con il mondo esterno. Anche lui subisce violenze, viene tenuto in isolamento per lunghi periodi e lotta con tutto se stesso per non impazzire.
Nonostante tutto, il loro legame sopravvive. Quando finalmente, nel 1985, la dittatura cade e vengono liberati, si ritrovano esattamente dove si erano lasciati: a lottare per un Uruguay più giusto. Ma questa volta, con una nuova arma, la politica democratica.
Lucía e Pepe hanno generato insieme un modello di politica autentica, costruita sull’onestà, sulla coerenza e sul rifiuto dei privilegi.
Negli anni ’90 entrambi aderiscono al Frente Amplio, la coalizione di sinistra che si oppone ai vecchi partiti tradizionali. Pepe si fa strada prima come deputato, poi viene eletto al senato, e infine Presidente dal 2009 al 2015. Lei segue un percorso parallelo, diventando una delle donne più influenti della politica uruguaiana.
Nel 2017, dopo le dimissioni di Raúl Sendic, Lucía diventa la prima donna vicepresidente dell’Uruguay, durante la presidenza di Tabaré Vázquez. È un riconoscimento della sua storia e del suo valore politico, ottenuto senza mai smettere di essere una donna pragmatica e diretta.
Ma ciò che rende il loro legame speciale è il modo in cui si sono sostenuti a vicenda senza mai oscurarsi l’un l’altro. Mujica ha sempre riconosciuto la forza e l’intelligenza politica di Lucía, definendola spesso più preparata di lui su molti temi. Lei, d’altro canto, ha saputo affiancarlo senza mai vivere all’ombra del marito.
Ciò che ha sempre distinto Lucía e Pepe è la loro straordinaria coerenza di vita. A differenza di molti, non si sono mai lasciati sedurre dal potere o dal lusso. Vivono ancora oggi nella loro piccola fattoria alla periferia di Montevideo, coltivano la terra, e accolgono giovani militanti con cui discutono di politica e futuro.
Oggi il loro messaggio resta forte. Lucía, pur senza incarichi pubblici, è ancora una delle voci più influenti della sinistra uruguaiana. Entrambi restano punti di riferimento per chi crede in una politica autentica, fatta di valori, non di interessi personali.
Quella di Lucía e Pepe non è solo la storia di due rivoluzionari diventati leader politici. È la storia di un amore che ha resistito alle prigioni, alle torture, alle sconfitte e alle vittorie, e che si è trasformato in un progetto di vita per il bene comune.
Mentre il mondo li osserva con ammirazione, loro continuano a ripetere di non avere bisogno di molte cose per essere felici. La felicità sta nel servire gli altri.
E forse, in questa frase, c’è tutto il senso della loro incredibile storia.

La presidente
Federica Cannas

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